Sturm und Drang-Friedrich Schiller
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Friedrich Schiller nacque a Marbach (Württemberg) nel 1759, scrittore e drammaturgo tedesco, autore di drammi, poesie e saggi storici e filosofici, che s’iscrivono, per il forte accento posto sulla libertà fisica ed etica dell’individuo e per il vigore drammatico, nella cornice del movimento noto come Sturm und Drang.
Figlio di un ufficiale dell’esercito, studiò legge e medicina per poi entrare al servizio del duca del Württemberg. Esordì nel 1782 con la fortunata rappresentazione I masnadieri (tragedia poi pubblicata nel 1781) al teatro di Mannheim, che metteva in scena le avventure di un fuorilegge idealista in rivolta contro una società ingiusta e crudele. Allontanatosi, senza autorizzazione, dal ducato in occasione delle prove della rappresentazione, Schiller diede il pretesto alle autorità di attuare il suo arresto; inoltre, ricevette il divieto di comporre altri drammi di spirito sovversivo.
Riuscito ad evadere visse clandestinamente in varie città tedesche. Ai Masnadieri seguirono le tragedie in prosa La congiura di Fiesco a Genova e Intrigo e amore, entrambe rappresentate nel 1784. Intanto, lo scrittore tedesco, aveva cominciato a lavorare al Don Carlos (nel 1787 ci sarà la stesura definitiva) con la quale opera Schiller abbandonerà la prosa per la pentapodia giambica e che segnerà il passaggio verso la seconda fase dell’attività schilleriana, caratterizzata dal classicismo.
Negli anni seguenti lo scrittore si dedicò prevalentemente agli studi storici. La Storia dell’insurrezione dei Paesi Bassi contro il governo spagnolo (1788) e l’interessamento di Johann Wolfgang von Goethe (che incontrerà soltanto due anni dopo) gli valsero la cattedra di storia all’università di Jena nel 1790. Tra Schiller e Goethe nacque un’amicizia che si rivelò intellettualmente proficua per entrambi. Nel 1799 Schiller terminò un’opera considerata tra i maggiori drammi storici, una trilogia in versi, il Wallenstein: L’accampamento di Wallenstein, I Piccolomini, La morte di Wallenstein, cui fanno da sfondo le vicende della guerra dei Trent’anni.
Verso la fine del 1799 lo scrittore si stabilì permanentemente a Weimar. Qui videro la luce le sue opere della fase considerata classica: Maria Stuarda, La pulzella d’Orléans (entrambe rappresentate nel 1801), La sposa di Messina (1803) e Guglielmo Tell (1804). Come traduttore, Schiller fece conoscere al pubblico tedesco il Macbeth di Shakespeare e la Fedra di Racine. Come storico ci ha lasciato l’imponente Storia della guerra dei Trent’anni (1791-1793). Fra i trattati filosofici vanno ricordati Lettere sull’educazione estetica dell’uomo (1795), in cui l’autore esprime la sua fede nella perfettibilità dell’uomo attraverso l’esperienza artistica, e Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795-1796).
Importante fu anche la sua produzione poetica, della quale si ricordano le poesie mitologiche e filosofiche (tra queste ultime, L’ideale e la vita del 1796); le Ballate (1798), dai temi più lievi; la Canzone della campana (1800) e l’Ode alla gioia (1785), che fu ripreso da Ludwig van Beethoven per il coro finale della Nona sinfonia. Schiller morì a Weimar nel 1805.
Note biografiche a cura di Michela Pisu.
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