Maria Sklodowska Curie di Sylvie Coyaud
L’ho conosciuta a 10 anni, da una fotografia appesa in un’aula della scuola e dalla biografia scritta dalla figlia che avevo ricevuto come premio di fine anno: martire della scienza, madre esemplare, vedova inconsolabile, gloria nazionale. Soltanto anni dopo, da altre biografie e dalle sue lettere, ho saputo che il volto severo nascondeva molte passioni e che nell’estate 1910, dopo quattro anni di lutto stretto, era comparsa dopo cena nel salon di Emile e Marguerite Borel in «un abito lungo bianco con una rosa sul seno, tranquilla come sempre… ma qualcosa in lei segnalava una resurrezione» scrisse poi l’amica. Indovinò che Marie era innamorata, di chi l’avrebbe presto appreso dai giornali divisi fra destra e sinistra come nell’affaire Dreyfus. Me l’avessero detto a scuola, forse non avrei scelto latino, greco e il baccalauréat classico.
Maria nasce in una famiglia di insegnanti progressisti nella Polonia sotto occupazione russa, resta orfana di madre a 4 anni, viene in gran parte educata dal padre e frequenta l’“Università Volante” organizzata da intellettuali dissidenti. A 16 anni fa un patto con la sorella maggiore Bronya: per pagarle gli studi di medicina a Parigi, compiuti i 18 anni, Maria avrebbe lavorato come istitutrice in famiglie ricche, in cambio Bronya l’avrebbe aiutata quando, a sua volta, avrebbe frequentato l’università. Mantiene la parola per quattro anni, anche se le pesa, e nel 1891 raggiunge Bronya, si iscrive alla Sorbona, si rende presto indipendente grazie a borse di studio, si laurea in fisica e in matematica. Sposa il fisico Pierre Curie che la corteggia da tempo e solo quando teme che lei rimanga in Polonia dove il padre vorrebbe trattenerla, si decide a chiedere la sua mano. Avranno due figlie, la saggia Irène (premio Nobel per la chimica nel 1935, e ministro sotto il Fronte Popolare) e Eve, più turbolenta, adoranti e possessive verso la loro “Mé”. Con pochi mezzi e molti stenti, installa con il marito un laboratorio “primitivo” e scopre nel 1897 due nuovi elementi, il polonio e il radio. Iniziano i riconoscimenti della comunità scientifica. Nel 1903 riceve insieme a Pierre e a Henri Becquerel, che aveva scoperto i raggi X, il premio Nobel di fisica per i lavori sulla radioattività. La fama la irrita, le fa perdere tempo prezioso, i giornalisti intervistano lei – e spesso la descrivono come una donna di casa che aiuta il marito – perché Pierre risponde per monosillabi, ma ne usa per parlare in difesa del colonnello Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Dopo la morte di Pierre nel 1906, Maria supera la disperazione scrivendone la biografia e immergendosi nel lavoro, assistita da ricercatrici brillanti come Harriet Brooks, Ellen Gleditsch e Marguerite Perey, prima donna ammessa all’Académie des Sciences nel 1962.
Ottiene la cattedra di fisica di Pierre alla Sorbona, prima donna professore universitario in Francia, invece la sua candidatura all’Académie è bocciata nel 1910. Già allora, gira voce che abbia una liaison con un allievo del marito, il fisico Paul Langevin, sposato con quattro figli e le cui difficoltà con la moglie Jeanne erano note ai colleghi. Per la stampa di destra, per la quale scrivono parenti di Jeanne, la veuve Curie è una “polacca” spudorata che attenta ai valori della famiglia, ed “ebrea” come il colonnello Dreyfus. Dimostranti ne accerchiano la casa, fermano le figlie all’uscita della scuola, ci sono duelli, ricatti, lettere d’amore rubate e minacce di morte lanciate a Marie dalla moglie di Langevin. Il Consiglio dei ministri discute se intimare o meno alla polacca di lasciare il paese. È difesa dalle amiche, dalle femministe e, dopo qualche tentennamento, dai colleghi più illustri, a cominciare da Einstein. Lo scandalo prosegue nel 1911, quando nonostante i dubbi sollevati sulla sua moralità da alcuni accademici di Svezia, le viene assegnato il secondo Nobel per aver scoperto, isolato e determinato le proprietà di radio e polonio e contribuito ai progressi della chimica nel suo insieme. Sfinita, Marie si ammala, viene ricoverata e nell’estate del 1912 si rifugia dalla scienziata Hertha Ayrton che la ospita con le figlie a Londra in attesa che si plachino le polemiche. Paga la causa di separazione nella quale Jeanne Langevin non cita il suo nome e ottiene la custodia dei figli (Paul tornerà da lei che accetterà poi il suo doppio ménage con una segretaria). Quando Marie torna a Parigi e al lavoro, vuole un vero laboratorio costruito secondo le sue specifiche, del quale la Sorbona la nomina direttrice nel 1914, prima ancora che sia terminato.
Scoppia la prima guerra mondiale, lei si occupa di applicazioni dei raggi X alla medicina, forma 150 infermiere specializzate e con Irène gira per gli ospedali da campo, dietro le prime linee, sulla vettura radiologica da lei concepita, la prima delle 18 “petites Curie”. Finita la guerra, forma anche soldati americani, scrive La radiologie et la guerre e finalmente trasloca nel suo laboratorio all’Institut du Radium (ora Institut Curie, che è possibile visitare).
Nel 1921, nonostante detesti parlare in pubblico e malgrado lo sfinimento crescente – come gli altri ricercatori di allora, riceve dosi spropositate di radiazioni – parte per gli Stati Uniti dove Missy Meloney, direttrice di una rivista femminile e sua ammiratrice, ha organizzato una tournée di conferenze e lanciato la campagna “Del radio per Marie Curie” che ne possiede soltanto un grammo, mentre un’azienda di Pittsburgh ne ha già fornito 50 grammi a ospedali e centri di ricerca americani. Una colletta fra le donne raccoglie 100 mila dollari, circa un milione di euro attuali, con i quali Marie acquista un grammo di radio. Otto anni dopo torna a Washington, e il presidente Hoover le consegna da parte delle “amiche della scienza” 50 mila dollari con i quali acquista un altro grammo per il laboratorio che ha aperto all’università di Varsavia.
Fino alla morte si impegna nella politica polacca, per l’emancipazione femminile e per la pace, partecipando a commissioni scientifiche della Lega delle Nazioni insieme a due vecchi amici, Albert Einstein e Paul Langevin. Il 20 aprile 1995, il presidente francese François Mitterand, il presidente polacco Lech Walesa ed Eve Curie accompagnano nel Panthéon le bare di Pierre e Marie, unica donna ammessa nel tempio dedicato dal 1793, recita il frontone, «Aux grands hommes, la patrie reconnaissante».
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