La natura della pubblicità di Vanni Codeluppi
In questi giorni in Storia abbiamo studiato lo sviluppo e la nascita dei manifesti pubblicitari di fine ‘800. Ho contattato il professore Vanni Codeluppi,Professore ordinario di Sociologia dei media presso Università IUL /Milano, che mi ha gentilmente inviato un suo lavoro sulla "Natura della Pubblicità" che condivido con voi.
La natura della pubblicità
Vanni Codeluppi
Le conoscenze disponibili sul funzionamento della pubblicità portano a ritenere che quest’ultima operi, più che determinando direttamente dei comportamenti d’acquisto, stimolando la nascita di una disposizione d’animo favorevole, che potrà successivamente tradursi nell’atto d’acquisto desiderato da parte delle imprese. Per ottenere questo risultato, i pubblicitari cercano soprattutto di associare ai prodotti dei significati e delle immagini piacevoli. Il consumatore odierno, infatti, più che la soddisfazione di bisogni di tipo funzionale, cerca nei prodotti numerosi significati di cui pensa di avere bisogno nella sua vita sociale: il successo, il prestigio, il potere, il fascino, la bellezza, ecc.
Pertanto, i pubblicitari, per massimizzare l’efficacia dei loro messaggi, “catturano” dei significati che sono già conosciuti dai consumatori, cioè che già esistono nella cultura sociale, e li immettono nei prodotti venduti sul mercato. Basta dunque che la pubblicità affianchi nella stessa immagine, ad esempio, uno sconosciuto flacone di profumo francese a un’affascinante attrice perché i significati socialmente attribuiti a quest’ultima vengano percepiti come appartenenti al flacone. E perché il consumatore sia portato a pensare che acquistando tale prodotto i significati propri dell’attrice possano passare a lui. La pubblicità, infatti, suggerisce sempre allo spettatore che la sua vita migliorerà se comprerà ciò che gli sta offrendo.
Certamente, i messaggi pubblicitari indirizzati ai consumatori possono incontrare nell’ambiente sociale e di mercato anche numerosi ostacoli. Ai tradizionali fattori individuali che sono stati scoperti in passato dagli psicologi e che sono in grado di “filtrare” la ricezione dei messaggi pubblicitari trasmessi dai media (esposizione selettiva, percezione selettiva, memorizzazione selettiva), va aggiunta l’attuale situazione della cultura sociale e del mondo dei media, che si caratterizza per una elevata quantità di messaggi in circolazione. Si pensi, ad esempio, all’elevato numero di spot presenti in televisione all’interno di un singolo blocco, ma anche al fatto che i messaggi pubblicitari devono competere oggi con molti altri messaggi che lottano accanitamente per conquistare l’attenzione delle persone. La pubblicità però, nonostante ciò, funziona. Molte ricerche hanno mostrato infatti che i messaggi pubblicitari dispongono di un notevole potere di suggestione sulle persone.
La pubblicità comunque è uno strumento e come tale non è necessariamente negativa di per sé. Dipende dall’uso che ne viene fatto, il quale può produrre degli effetti positivi oppure negativi nella cultura sociale. Il che, d’altra parte, si può anche dire della televisione, del cinema o di tanti altri strumenti di comunicazione che operano nelle società contemporanee. Ne deriva quindi che la pubblicità diventa negativa solamente se viene impiegata in modo volgare, scorretto o con il consapevole proposito d’ingannare le persone.
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