Intervista al professore Chris Rundle, studioso della censura fascista

 L'articolo 21 della nostra Costituzione sancisce la libertà di pensiero «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. .."E' un articolo bellissimo perché la libertà di pensiero e' alla base di un Paese democratico e assicura la formazione di un'opinione pubblica critica.

1)Perchè la liberta' di pensiero, di parola, di stampa fa cosi' tanta paura ai regimi dittatoriali?


Un regime dittatoriale poggia il suo controllo della società su alcuni basi fondamentali (con importanza relativa diversa, a secondo dei casi):

1. La paura esercitata attraverso un stato di polizia e/o militare. Chi si opponi apertamente viene represso (più o meno severamente) e gli altri sono tenuti in silenzio dalla paura delle conseguenze.

2. Un influenza determinante sulla vita economica del paese. Ogni regime dittatoriale ha dietro a se un'establishment industriale/economico che sostiene il regime per i propri interessi economici. Senza questo sostegno, le inevitabili difficoltà economiche minerebbero il potere del regime. Nei regimi comunisti, lo stato prende il controllo totale della vita economica - un metodo diverso ma con gli stessi vantaggi.

3. Un controllo capillare dell'opinione pubblica. Questo è importante per mettere a tacere ogni opposizione; ma è ancora più importante per creare un consenso intorno alle politiche del regime. Anche un regime dittatoriale ha bisogno di un certo livello di consenso popolare se vuole durare. Un regime basato esclusivamente sul terrore fa fatica a durare o, comunque, riduce la società a un tale livello di degrado economico che non può fare altro che sopravvivere.

La cosa importante/interessante è come viene creato e mantenuto questo consenso. La prima strategia è di imporre una egemonia del partito e della sua ideologia. Quindi, nella società la linea del partito diventa dominante e diventa impossibile opporsi ad essa  - anche per chi non è iscritto al partito. Il grado di penetrazione del partito nella società varia a seconda del regime, ma il principio resta sempre valido.

Un'altra variazione importante è che alcuni regimi nascono con l'ambizione di rivoluzionare la società (come il fascismo italiano e il comunismo dei bolscevichi in Russia);  ma altri regimi nascono per bloccare la rivoluzione e mantenere lo status quo.

Nella Spagna di Franco, per esempio il partito del regime era un insieme di diversi partiti nazionalisti e fascisti, e anche se dominava, la chiesa è rimasta sempre una presenza molto importante nella società spagnola; e lo scopo fondamentale di Franco, in alleanza con la chiesa, era di bloccare qualsiasi rivoluzione - di desta o di sinistra che fosse. Anche nell'Italia fascista, una volta che aveva le mani saldamente sul potere, Mussolini spense lo spirito ormai scomodamente rivoluzionario del partito fascista attraverso l'unione con il partito nazionalista. In questo modo le posizioni più estremi diventarono di minoranza.

Una altra strategia comune per creare consenso è quella di lanciare una guerra contro un nemico esterno. In questa circostanza il popolo si unisce introno al leader e i dissensi interni vengono sopite. Una variante di questa strategia è quella di lanciare una campagna di espansione geopolitica, una guerra coloniale - come avvenne in Italia;. Il momento di massimo consenso per Mussolini è stato nel 1936 quando ha dichiarata la fondazione dell'Impero italiano in Africa orientale.

Una strategia simile (nei benefici per il regime) è quella di individuare un nemico interno e lanciare una campagna di odio e di paura contro di esso, con l'effeto di nuovo di unire il popolo intorno al leader. L'esempio lampante di questa strategia è l'antisemitismo. E' una strategia più pericolosa perché può creare divisione all'interno della società. Naturalmente anche i nemici politici vengono additati come nemici interni, come traditori, come persone senza amore per la patria.

E' chiaro, quindi, che in un sistema politico che si basa, non sulla libera concorrenza delle idee come nella democrazia, ma sull'imposizione di una sola ideologia, è fondamentale avere il controllo della stampa, di quello che si dice e scrive.

E' interessante notare che il regima fascista esercitava un controllo rigoroso e capillare su quei canali di massa che potevano influenzare l'opinione pubblica - come i giornali, la radio, il cinema e il teatro; mentre esercitava un controllo meno intenso sui libri perché li considerava una questione che riguardava sopratutto i ceti sociali medi (di cui non aveva paura perché difficilmente la borghesia si oppone all'ordine costituito).


2)Qual e' l'atteggiamento di Mussolini nei confronti dell'editoria e come si comportano gli editori italiani?


Nei primi anni della dittatura (imposta nel 1926 dopo l'uccisione di Matteotti, l'Aventino e l'imposizione delle "leggi fascistissime") Mussolini avviò un graduale processo di presa di controllo della stampa. Nel giro di qualche anno, non vi erano più giornali di opposizione, se non quelli underground. Anche gli editori di libri furono costretti ad allinearsi al regime - più o meno volentieri. Alcune case furono chiuse, altre cambiarono linea ideologica. L'unica eccezione è stata Laterza, che, per via della presenza del filosofo Benedetto Croce fu lasciato sostanzialmente in pace. C'è da dire, comunque, che Laterza non era una sede di opposizione politica; è forse meglio pensarlo come una presenza agnostica, di resistenza intellettuale. In ogni caso, i suoi libri non avevano alcun impatto sulle masse.

Inoltre, i fascisti consideravano i libri di grandi importanza strategica e ci tenevano molto ad incoraggiare la lettura. Avrai sentito, forse il famoso detto di Mussolin: "libro e moschetto, fascista perfetto". Da qui nasce l'atteggiamento sorprendentemente tollerante nei confronti delle traduzioni: i successo delle traduzioni ha permesso un processo di industrializzazione dell'editoria e ha favorito la nascita del libro come prodotto di intrattenimento di massa.

Con la riorganizzazione corporativista del settore economico, gli editori confluirono tutti nella Federazione nazionale fascista degli editori. E la mia impressione è che come gruppo gli editori sono stati molto leali e collaborativi nei confronti del regime, accettando di buon grado decisioni anche molto dannose, come la purga antisemitica del 1938. Poi, è chiaro che ogni individuo avrà avuto le sue idee personali sul fascismo.


3)Mussolini considera le traduzioni "come una questione di orgoglio nazionale": mi puo' spiegare meglio cosa significa? Mi interessa moltissimo approfondire il rapporto tra traduzioni,fascismo e diritti.


Nel punto precedente ho spiegato uno dei vantaggi del successo delle traduzioni: cioè che hanno contribuito alla modernizzazione dell'editoria italian.

Però, in termini di immagine, le traduzioni rappresentavano un problema ideologico. Secondo la propaganda fascista, l'Italia godeva di nuovo di un vero status internazionale e stava espandendo la sua influenza politica e culturale nel mondo. I dati sulle traduzioni, invece, dipingevano un quadro ben diverso. Negli anni '30, Italia pubblicava più traduzioni di qualunque altro paese al mondo. Non solo, oltre a essere particolarmente ricettiva, l'Italia esportava la sua cultura solo con pochissime traduzioni dall'italiano - un bilancio culturale negativo che era difficile da accettare. La cosa difficile da spiegare, è perchè il regime non sia intervenuto prima per arginare questo fenomeno, questa "invasione delle traduzioni". Non è possibile dare una risposta certa, ma la mia ipotesi è che alla fine, il regime non voleva danneggiare un settore di successo. Inoltre, forse non dispiaceva il modo in cui l'establishment letterario italiano era messo in difficoltà dalla concorrenza dei romanzi popolari stranieri.

4) Ho letto nel suo articolo che sino al 1938 il "problema" delle traduzioni non fu sufficientemente grave per indurre il regime a introdurre restrizioni che potessero danneggiare un settore industriale, quello dell'editoria, riconosciuto come affidabile e leale. Perche' il regime comincia a interessarsi attivamente alla questione delle traduzioni solo quando si sta già preparando all'introduzione delle leggi razziali e ad un pesante intervento nell'editoria libraria?Qual e',dunque, l'impatto che le  politiche razziste hanno avuto sulla censura nel periodo del fascismo italiano?


Tutto cambiò con l'introduzione delle leggi antisemitiche nel novembre 1938. La decisione di introdurre il razzismo ufficiale ebbe un impatto profondo: gli ebrei furono esclusi dalla vita civile del paese e il livello di interventismo del regime nella vita politica, culturale e sociale dell'Italia aumento in modo significativo.

Nel settore libri, fu avviato una purga ('bonifica', come dicevano loro) del settore libro, con la Commissione della bonifica libraria e furono tolti dalla circolazione circa 900 autori, in maggioranza ebrei. Dopo questo traumatico intervento nell'editoria, fu un passo successivo logico superare le remore del passato e intervenire anche contro le traduzioni -- almeno questa è la mia teoria. Ad ogni modo, nel gennaio 1942 il ministro della Cultura popolare, Alessandro Pavolini, impose (dopo oltre un anno di discussioni con gli editori) una quota del 25%: cioè le traduzioni non potevano superare il 25% del catalogo di un editore. Per quello che sono riuscito a ricostruire, questa quota fu imposta davvero e ebbe un effetto su i grandi editori come Mondadori, che pubblicavano tante traduzioni.

Però, questo intervento è avvenuto a solo un anno dal crollo del regime nel luglio del 1943: un "ritardo" che colpisce e che non è facile spiegare.  


5) Mi puo' evidenziare qualche altro legame tra la traccia della tesina "Da sudditi a cittadini.La Costituzione garanzia dei diritti di tutti" e l'impatto che le leggi antisemitiche ha avuto sui libri (incluso i libri di testo scolastici che furono 'purgate' nel 1938)?


Per me la lezione più importante è che non dobbiamo prendere per scontato le libertà di cui godiamo. La democrazia non è invulnerabile e ci sono forze politiche e sociali che cercono sempre di sfruttare momenti di difficoltà per indebolire le regole della democrazia e permettergli di acquisire una posizione di forza non più attaccabile.

Un esempio chiaro è il modo in cui il Presidente Trump attacca la stampa americana (e internazionale) perchè gli infastidiscono le critiche - un comportamente assolutamente anti democratico, dato che la democrazia si basa sul libero accesso alle informazioni e le idee attraverso una stampa indipendente.
 
Ma visto che io sono inglese, ti faccio un esempio dalla Gran Bretagna; un esempio di come - anche senza arrivare a un vero e proprio regime - le stesse tecniche che abbiamo descritto sopra vengono usate per imporre volontà politiche in modo non-democratico. Dopo il voto per la Brexit (decisione che io non condivido per niente, lo chiarisco subito) il governo ha fatto di tutto per portare il paese all'uscita dalla UE senza alcun confronto con il parlamento e senza dover spiegare i suoi obiettivi e strategie. Il problema era che in Gran Bretagna non abbiamo una costituzione scritta che possa dirimere un conflitto come questo. Ci poggiamo su regole non scritte che non ci tutelano se una componente politica non li rispetta più. Solo quando un avvocatessa gli ha fatto causa, e la corte suprema inglese le ha dato ragione, il governo è stato obbligato contro la sua voglia, a dare conto delle sue decisioni su Brexit in parlamento. La cosa importante qui, è che i sostenitori di Brexit (che dominavano il governo) citavano continuamente il voto su Brexit come la volontà inappellabile del popolo dicendo che qualsiasi altra forma di supervisione da parte del parlamento era, secondo la loro visione, anti voto Brexit e quindi anti democratico. Quindi, decidevano arbitrariamente che il voto su Brexit era più importante delle nostre garanzie costituzionali (non scritte). Molti in GB hanno sentito la mancanza di una costituzione ed è diffuso l'idea che in futuro la democrazia inglese dovrà modernizzarsi e attrezzarsi con delle garanzie scritte. 


Questa distorsione, questo mettere davanti a qualsiasi altro principio il singolo principio in cui loro credono è una tattica tipica di una politica populista e anti-parlamentare. Non sto dicendo che sono fascisti, ma sono convinto che questo tipo di politica, se condotto senza scrupoli, può portare a forme di governo oligarchiche. E' chiaro che una delle nostre difese contro questo tipo di distorsione è la costituzione e, nella democrazia italiana, la figura imparziale del presidente della repubblica che lo tutela.

L'altro punto fondamentale che, a mio avviso, dobbiamo sempre tenere in mente quando si parla del fascismo è il razzismo. Lo dico chiaramente, per me il razzismo è un male assoluto. Non ci sono gradi di razzismo; non c'è il razzismo buono; ognuno deve decidere se accetta o meno il razzismo e poi restare coerente a questa scelta. Molti si cullano con l'idea che il fascismo non è stato poi così male e non si è macchiato dei crimini del nazismo; ma si illudono. Migliaia di ebrei italiani furono deportati ai campi di concentramento con la collaborazione del regime italiano; e il fatto che i nazisti ne sterminarono di più non sminuisce la gravità di queste deportazioni.

A mio avviso, anche nel nostro stato democratico, il razzismo può prendere piede molto facilmente e quasi senza che ce ne accorgiamo. Per esempio, i casi di antisemitismo in tutta Europa sono in netto aumento; i pregiudizi contro i musulmani sono aumentati a dismusra; e il problema dell'immigrazione ha portato un netto aumento di razzismo generale e insipiente nella società.
 

Queste sono tutte 'paure' che qualcuno con pochi scrupoli può sfruttare per creare un 'nemico' e unire intorno a se un consenso che, con la stessa distorsione che hanno usato per il Brexit, porta le persone ad accettare limitazioni alle loro libertà e garanzie democratiche in cambio di una politica aggressiva su quel tema specifico. Anche qui, la costituzione è una forma di tutela: prima perchè sancisce l'assoluta ugualianza di tutti i cittadini, e secondo perchè impone delle regole per garantire la correttezza della concorrenza politica.

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