"Sull'Oceano": e i reportages di oggi di Giovanna Rocchi

Il testo è tratto da https://www.galatamuseodelmare.it/sulloceano-reportages-oggi/ con autorizzazione dell'autrice Giovanna Rocchi,Curatore Aggiunto MEM - Memoria e Migrazioni e progetti Speciali Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni

Il MEM – Memoria e Migrazioni cerca di creare una continuità tra passato e presente.
Possiamo mettere a confronto scritti e reportages di fine ottocento e reportage odierni?

1889

“Poi le famiglie si separavano: gli uomini da una parte, dall’altra le donne e i ragazzi erano condotti ai loro dormitori. Ed era una pietà veder quelle donne scendere stentatamente per le scalette ripide, e avanzarsi tentoni per quei dormitori vasti e bassi, tra quelle innumerevoli cuccette disposte a piani come i palchi delle bigattiere, e le une, affannate, domandar conto d’un involto smarrito a un marinaio che non le capiva, le altre buttarsi a sedere dove si fosse, spossate, e come sbalordite, e molte andar e venire a caso, guardando con inquietudine tutte quelle compagne di viaggio sconosciute, inquiete come loro, confuse anch’esse da quell’affollamento e da quel disordine. Alcune, discese al primo piano, vedendo altre scalette che andavano giù nel buio, si rifiutavano di discendere ancora.” E. De Amicis, Sull’Oceano

2017

“Dopo che Costance e suo figlio sono stati trasportati a bordo abbiamo tagliato il cordone ombelicale e abbiamo aiutato la donna a espellere la placenta. Constance aveva partorito da sola in mezzo al Mediterraneo senza nessun aiuto qualche ora prima. Nonostante tutto, le condizioni di salute della mamma e del bambino erano ottime”, racconta l’ostetrica.

Costance ha chiamato suo figlio Christ e ha raccontato di aver cominciato il travaglio poco dopo essersi imbarcata. La traversata è durata più di nove ore e durante il viaggio il motore si è spento diverse volte facendo temere il peggio. “Sulla barca erano quasi tutti siriani, c’erano alcune donne, ma non si riuscivano a muovere per aiutarmi a partorire, gli uomini mi guardavano, ma non parlavano una parola di francese”, ha detto Constance ai medici dell’Aquarius. La donna che ha dato alla luce il suo primogenito ha raccontato di essere scappata da un centro di detenzione in Libia, nel quale era stata rinchiusa per tre mesi insieme a suo marito Yannick. “Sono riuscita a scappare perché il guardiano della sezione femminile della prigione si era addormentato e aveva lasciato la porta aperta, ma mio marito è rimasto nel carcere e non sono riuscita ad avvisarlo della mia fuga”, ha raccontato Costance.” Annalisa Camilli, Partorire in mezzo al mare. Articolo del 21 luglio 2017 su Internazionale 

1889

“Dalla boccaporta spalancata dei dormitori maschili ci saliva su a zaffate fin sul cassero un lezzume da mettere pietà a considerare che veniva da creature umane, e da far spavento a pensare che cosa sarebbe seguito se fosse scoppiata a bordo una malattia contagiosa. Eppure – ci dicevano – non vi erano più passeggeri di quanti la legge consente che s’imbarchino in relazione allo spazio. Eh! Che m’importa, se non si respira! Ha torto la legge. Essa permette che si occupi sui piroscafi italiani uno spazio maggiore quasi d’un terzo di quello che è concesso sui piroscafi inglesi e americani. (…) Per 1500 viaggiatori di terza classe non c’è un bagno… S’immaginino due piani sotto coperta, come due vastissimi mezzanini, rischiarati da una luce di cantina, e in ciascuno di essi tre ordini di cuccette posti l’un sull’altro, tutto intorno alle pareti e nel mezzo, e lì circa 400 tra donne e bambini poppanti e spoppati, e 32° di calore. Qui, nella cuccetta più bassa, dormiva una donna incinta con un bimbo di 2 anni, sopra di lei una vecchia settantenne, sopra di questa una giovinetta sul primo fiore… un cenciume di scialli, vestiti e sottane di tutti i colori… e sul tavolato dei mucchi confusi di stivaletti, di zoccoli, di ciabatte, di legacci, di scarpettine, di calze…E. De Amicis, Sull’Oceano

2017

“Quando siamo arrivati ci siamo trovati di fronte a un gommone stracolmo, con più di 180 persone a bordo. Mentre una delle lance rapide si avvicinava allo scafo a poppa per distribuire i giubbotti di salvataggio ai passeggeri, l’altra si avvicinava a prua, dove vari bambini sorridevano al personale della squadra di soccorso, in netto contrasto con i volti pieni di panico degli adulti. Un nigeriano gridava che c’erano persone morte a bordo. Accanto a lui, un altro diceva che varie persone erano cadute in mare nella notte. Un altro diceva che c’erano cinque morti, altri dicevano due. Ma non c’era modo di saperlo con esattezza. Erano partiti da Sabrata alle 14 del giorno precedente. Il motore si era rotto dopo aver lasciato la costa e il loro scafo era finito alla deriva. Erano rimasti quasi 24 ore in acqua, il che spiegava perché fossero lì nonostante le cattive condizioni del mare.

Santi Palacios, Cronaca di un salvataggio in mare.

Giornalisti e scrittori di varie testate (Fabrizio Gatti, Domenico Quirico molti altri) documentano quotidianamente la situazione dei migranti in Mediterraneo. Assieme a loro moltissimi fotoreporter.

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